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Spesso, nella pratica quotidiana, sentiamo parlare di licenziamenti e in questo articolo vogliamo parlare di questo.
Seppur non entrando nel gergo tecnico del diritto, capiamo un pò cos’è esattamente il licenziamento e cosa comporta.
Nel diritto del lavoro italiano il licenziamento è un istituto giuridico che in un rapporto di lavoro consente al datore di recedere dal contratto lavorativo.
Quindi il licenziamento consiste nell’atto con cui il datore di lavoro manifesta la volontà di recede unilateralmente dal contratto di lavoro con un suo lavoratore dipendente.
Fatti salvi limitati casi di libera recedibilità, il datore di lavoro può licenziare un lavoratore soltanto se sussiste una giusta causa o un giustificato motivo oggettivo o soggettivo.
Prima di analizzare la giusta causa e il giustificato motivo, facciamo una precisazione riguardante le dimissioni, per poter avere un quadro completo.
A differenza del licenziamento le dimissioni sono un atto con cui invece il lavoratore esprime la volontà di recedere unilateralmente dal contratto di lavoro, di cessare quindi il rapporto lavorativo che lo lega al proprio datore.
La presentazione delle dimissioni è precedente al cosiddetto periodo di preavviso ovvero il periodo di tempo successivo alla presentazione delle dimissioni in cui il lavoratore continua a svolgere la propria attività lavorativa.
In sostanza il preavviso è una forma di tutela del datore di lavoro, al quale così è dato un tempo sufficiente per individuare e assumere il dipendente che prenderà posto e mansioni del lavoratore dimissionario.
Il preavviso è dato nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità.
Il termine di preavviso è normalmente indicato dai CCNL di riferimento e può dipendere da diversi fattori, tra cui la qualifica e l’anzianità aziendale del dimissionario.
Licenziamento per giusta causa
Come detto sopra il licenziamento deve seguire a una giusta causa oppure a un giustificato motivo.
Si è in presenza di una giusta causa di licenziamento allorché vi sia una condotta grave del lavoratore o di una violazione dei suoi doveri, tale da far venir meno il vincolo fiduciario con il datore di lavoro.
La gravità della condotta è tale da impedire la prosecuzione pur se provvisoria del rapporto di lavoro.
Infatti in siffatta ipotesi, il datore di lavoro può licenziare il lavoratore in modo immediato, senza preavviso.
E’ la stessa legge italiana che consente ciò poichè il lavoratore ha realizzato comportamenti disciplinarmente rilevanti così gravi da comportare la fine del rapporto di lavoro.
Invero precisiamo che la nozione di giusta causa si trova nell’art. 2119 del codice civile.
Esso stabilisce che le parti (sia il datore di lavoro che il lavoratore) possono recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato senza necessità di preavviso, qualora si verifichi, appunto, una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto medesimo.
Al riguardo, la stessa giurisprudenza ha specificato che la giusta causa si sostanzia in un inadempimento talmente grave che qualsiasi altra sanzione diversa dal licenziamento risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro.
Atteggiamenti così gravi che non è possibile nemmeno l’utilizzo del lavoratore in un’altra posizione.
Mentre, si può troncare immediatamente il rapporto di lavoro senza erogazione, da parte del datore di lavoro, dell’indennità di preavviso.
In sostanza la giusta causa rappresenta il licenziamento disciplinare per eccellenza.
Considerato che si tratta di sanzione disciplinare, il licenziamento per giusta causa deve essere necessariamente preceduto dall’attivazione dell’obbligatorio procedimento disciplinare.
Alcune ipotesi di licenziamento per giusta causa
Di norma nei contratti collettivi si trovano elencate le ipotesi ed i fatti ritenuti tali da costituire giusta causa di licenziamento.
Tuttavia a titolo esemplificativo, possiamo elencare alcuni casi in cui il licenziamento per giusta causa può essere integrato:
- minacce o percosse
- furto di beni aziendali, quindi commessi nell’esercizio delle mansioni lavorative, danneggiamenti e o fatti criminosi al di fuori del rapporto lavorativo, lesivi del rapporto fiduciario con il datore;
- assenza ingiustificata del dipendente oltre i termini contrattuali;
- svolgimento di un lavoro per un altro datore di lavoro nei periodi coperti da indennità di malattia;
- ritardi ripetuti sul posto di lavoro;
- rifiuto di svolgere trasferte.
Il licenziamento per giustificato motivo
Passiamo adesso all’esame del licenziamento per giustificato motivo che può avvenire in due circostanze e si distingue per questo in giustificato motivo oggettivo e giustificato motivo soggettivo.
Con riguardo al primo, esso ricorre quando vi siano effettive esigenze aziendali, come un calo del lavoro, che portano al recesso dal contratto di lavoro di un dipendente.
Ad esempio si potrebbero verificare esigenze organizzative o produttive dell’azienda quali la riorganizzazione della struttura aziendale o la soppressione di alcune posizioni di lavoro con l’accorpamento di funzioni.
Per tali ragioni il datore può esser portato a licenziare il lavoratore coinvolto.
E’ ovvio come sia fondamentale che il posto di lavoro soppresso sia direttamente legato al settore produttivo che ha subito il calo di lavoro o la riorganizzazione di cui sopra.
Peraltro, per essere effettivo, occorre pure che non sia possibile ricollocare il dipendente in altra mansione compatibile con quella posizione persa (si fa riferimento all’obbligo c.d. di repechage).
Quindi nel giustificato motivo oggettivo le ragioni non vanno imputate al dipendente bensì all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro e per tale ragione in questo caso, a differenza della giusta causa, sarà necessario il preavviso.
Il titolare dovrà comunicare al dipendente la decisione presa rispettando appunto il preavviso indicato sul contratto.
Invece, con riferimento al licenziamento per giustificato motivo soggettivo esso è collegato al comportamento del lavoratore, ecco perchè viene definito come motivo “soggettivo”.
Qualora il lavoratore abbia posto in essere un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali e ciò abbia comportato forte pregiudizio all’impresa o minato l’affidamento per la corretta gestione delle mansioni affidategli, allora il datore può procedere al licenziamento per giustificato motivo soggettivo con preavviso.
Inoltre nella valutazione dell’inadempimento si tiene conto pure dell’eventuale intenzionalità della condotta del lavoratore.
Licenziamento individuale e collettivo
Un’altra distinzione che va fatta nell’ambito del licenziamento è quella tra licenziamento individuale e licenziamento collettivo.
Nella prima ipotesi il licenziamento riguarda un solo lavoratore.
Quando invece si parla di licenziamento collettivo si fa riferimento al licenziamento di più lavoratori.
Di solito quando si ha licenziamento collettivo esso riguarda cinque dipendenti, in ambito provinciale, nell’arco di 120 giorni.
Il licenziamento collettivo dovrà essere motivato da una riduzione o trasformazione o una cessazione di attività o di lavoro.
Allorquando si individuano gli esuberi, la scelta di quali lavoratori licenziare è effettuata secondo criteri di legge o, in alternativa, criteri concordati con le organizzazioni.
Comunicazione del licenziamento
Il licenziamento va intimato per iscritto al lavoratore da parte del datore di lavoro, o da un altro soggetto legittimato, riportando i motivi del recesso che non possono essere successivamente modificati.
Il licenziamento è da ritenersi inefficace se privo di forma scritta o carente di contestuale motivazione.